Gioconda Belli
Non si odono suoni oltre a quello delle loro lingue, al ritmo del loro respiro e delle loro palpitazioni, le bocche come molluschi affamati. Ernesto fa scivolare la mano lungo la schiena di lei, accarezza la curva delle natiche, solleva la gonna dell'abito beige, il tessuto morbido. Emma indossa un completino intimo molto succinto e così lui sente subito la pelle e con mani ansiose, avide, la tocca dappertutto.
Anche lei gli accarezza la schiena, il collo, le orecchie, presa da un impulso di passione ma al contempo di tenerezza, la sapienza di una donna che si abbandona ma che vuole anche prolungare il momento, fare in modo che il suo corpo parli, che racconti a Ernesto quant ha desiderato morderlo, come abbia immaginato di posare le labbra sulla sua pelle quando invece baciava Fernando. Pensare a suo marito non la fa sentire in colpa. Non le importa. Lei è qui. Vuole sentire e lasciare che ogni centimetro della sua pelle provi piacere. In questo istante lei è solo il suo corpo il suo corpo intero, pronto a smettere di essere suo per essere condiviso.
Ernesto le infila la lingua in bocca. La bocca di lei è fresca, leggermente salata, la saliva densa. Il corpo che sta esplorando è caldo, e con la mano lo accarezza senza indugio, percorrendo la curva perfetta delle natiche tonde, sode. Ha fretta di conoscerla tutta, di scoprirla, di guardarla nuda, distesa, di morderle i piedi, ogni dito piccolo e perfetto.
Quando si fa l'amore, la coscienza non si ferma. Il pensiero divaga, la ménte produce immagini. Emma vibra dalla testa ai piedi e si domanda come abbia fatto questa donna così pervasa da fluide detonazioni a vivere tranquilla dentro di lei. Dai talloni su per le gambe, dalla vagina e dal ventre, come un faro che si accende all'improvviso, parte una serie di impulsi così intensi da essere dolorosi, come se certe zone del suo corpo che non aveva mai usato a un tratto respirassero. Non apre gli occhi perché un'altra parte di lei è intimorita, prova vergogna per questa metamorfosi che la fa gemere, anelare disperatamente che Ernesto si distenda su di lei, che la prenda e la tocchi e la penetri e le faccia tutto quello che gli passa per la testa.
Ernesto, invece, la guarda, e guardarla è ciò che lo fa eccitare, perché anche se lei tace, il suo corpo nudo, morbido e rilassato, la pelle liscia, abbandonata, in palpitante attesa, gli rivela tutto il desiderio accumulato e trattenuto durante i lunghi pomeriggi trascorsi a chiacchierare in falegnameria, i pranzi insieme, i caffè, il vento che entrava dalla porta del patio, il silenzio mentre guardavano insieme il tramonto. Il viso di Emma, spigoloso, gli zigomi alti, è un po' pallido, ma il petto è arrossato e i seni, appena rilassati - quelli di una donna che ha allattato - hanno i capezzoli spavaldamente eretti, come pezzetti di legno perfettamente rotondi e duri.
Lui non ha nessuna paura. Muore dalla voglia di darle ciò che vuole, di mostrarle forza, virilità, di farla godere come non ha mai goduto in vita sua. Evitando l'abbraccio di lei, che cerca istintivamente di nascondere la sua nudità, Ernesto la fa adagiare sul letto. Poi le apre le braccia, trattenendole, mentre osserva il corpo di lei che si prepara ad assecondarlo, aprendo le gambe per accoglierlo in quel punto che palpita come vi sia disceso il cuore, quel punto che Ernesto accarezza sentendo il brivido che la scuote appena lui lo sfiora, quel punto remoto che infine esplora lentamente con la lingua fino a trovare il clitoride.
Gioconda Belli,
L'intenso calore della luna -
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