Rainer Maria Rilke
A Lou Andreas-Salomé
I Tutto tenevo aperto di me, dimenticavo che fuori non ci sono solo cose ed animali sempre in sé chiusi, il cui occhio sporge dal cerchio della loro vita appena come fa un quadro dalla sua cornice; che da ogni parte lasciavo in me irrompere sguardi, curiosità, pensieri senza posa. Forse si formano occhi nello spazio e vedono. Ah, solo in te gettandosi non è esposto il mio viso a sguardi estranei, in te concresce e oscuro all’infinito nel tuo cuore protetto si prolunga. II Come si preme un fazzoletto sulla bocca affannosa, anzi: su una ferita da cui tutta la vita in un sol getto vuole erompere, io ti stringevo a me e del mio sangue tutta ti coloravi. Chi dirà ciò che ci accadde? Tutto ricuperammo per cui sempre il tempo era mancato. Io stranamente maturai ogni slancio di mai vissuta gioventù, e tu vivesti, Amata, sul mio cuore non so quale impetuosa fanciullezza. III Allora non basta ricordare. Il puro esistere di quegli istanti duri sul mio fondo, deposito di una soluzione immensamente satura. Perché io non ti ripenso, ciò che sono per amor tuo mi commuove. Io non t’invento in luoghi tristi che perdettero calore quando tu te ne andasti. Ed anche il tuo non esserci caldo è di te ed è più vero, è più del tuo mancarmi. La nostalgia sfuma troppo spesso nel vago. Perché slanciarmi fuori mentre il tuo influsso forse è su me lieve come raggio di luna al davanzale.
Rainer Maria Rilke
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