
Richard Ford - Infiniti peccati

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“Ciao, tesoro” disse vivacemente a Ed attraverso la grande distanza. Voleva essere di buonumore. “Indovina dove sono? A Flagstaff.”
“Sì? E allora?” disse Ed. “Dov’è, nel Texas?” Ed era affetto da una rara malattia del sangue che gli disintegrava le ossa dalla punta dei piedi in su, e soffriva molto. Prendeva steroidi e osservava restrizioni dietetiche che gli facevano venire una gran fame, o altrimenti gli davano la nausea, ed era quasi sempre di cattivo umore. Quando aveva conosciuto Ed, che aveva quindici anni più di lei, lui era forte come un cavallo da corsa e dirigeva la sua azienda di acquascooter. Ormai non era più in grado di lavorare, e non faceva altro che guardare la tivù e prendere le sue medicine.
[...]
“E cosa?” disse Ed stizzosamente. “Domani lo vedi, e poi?”
“Veramente non lo so.”
Un altro silenzio. Ed si era distratto guardando qualcosa nella sua stanza, forse la partita dei Red Sox. A Frances venne l’idea di dire: “Vado al Grand Canyon con un uomo con cui scopo ogni notte e che ha un cazzo duro come il manico di una zappa”. Anche se questo non rendeva Howard più interessante per il semplice fatto che era vero. Avrebbe anche potuto non averlo.
[...]
Ed, naturalmente, era ancora bello: un irlandese di Boston grosso, burbero e con gli occhi blu che la vita, disgraziatamente, non aveva reso felice. Anche se l’amava. Questo Frances lo sapeva. Che peccato! Negli ultimi tempi si era messo a coltivare ortensie nel cortile, e questa era una bella cosa. “Vorrei che tu potessi vedere il Grand Canyon con me, amore.”
Abisso
Richard Ford

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