giovedì 25 febbraio 2016

La cosa piú dolorosa, per me è che non sono riuscito a capirla

– Sí, ha ragione, – disse Kafuku. – Probabilmente ero felice. Ma è proprio la felicità a portare la sofferenza, a volte.
– Cioè? Che genere di sofferenza?
Kafuku fece girare i grossi pezzi di ghiaccio nel suo bicchiere di whisky con acqua.
– Il timore di perderla un giorno. Solo a immaginare quest’eventualità, provavo un dolore in petto.
[...]
– In conclusione, però, l’ho persa, – disse infine. – L’ho persa poco per volta mentre era ancora in vita, e poi del tutto. Come se venisse lentamente erosa, finché è stata trascinata via, con tutte le radici, da una grande onda. Capisce cosa voglio dire?
– Credo di sí.
No, questo non lo puoi sapere, pensò Kafuku.
– La cosa piú dolorosa, per me, – proseguí, – è che non sono riuscito a capirla, o perlomeno a capire una parte importante di lei. E adesso che è morta, so che probabilmente non la capirò mai, e me ne andrò cosí. Lasciando un piccolo scrigno sepolto in fondo al mare. A questo pensiero, mi si stringe il cuore.
Takatsuki rifletté sulle parole che aveva appena sentito.
– Sí, signor Kafuku, – disse poi, – ma chi è che può capire del tutto un’altra persona? Anche amandola profondamente.
[...]
– Il fatto è che noi non possiamo capire fino in fondo cosa pensa una donna, non crede? – finí col rispondere. – Volevo dire solo questo. Mi riferivo alle donne in genere. Quindi non è solo in lei che esiste un angolo cieco, non mi sembra, perlomeno. Se la sensazione di cui mi ha parlato la consideriamo un angolo cieco, l’abbiamo tutti, ci accompagna per tutta la vita. Quindi farebbe meglio a non sentirsi in colpa, signor Kafuku.

[...]
Per quanto ci sia comprensione reciproca con una persona, per quanto la si ami, non si può leggere nel cuore di qualcun altro come in un libro aperto. Se ci proviamo, andiamo incontro solo a sofferenza. Ma se cerchiamo di guardare nel nostro cuore, se ci sforziamo davvero di farlo, alla fine ci riusciremo, questo sí. Quindi, in conclusione, quello che dobbiamo fare è venire a patti col nostro cuore. Se desideriamo davvero capire qualcuno, possiamo soltanto guardare dentro noi stessi. Questo è ciò che penso.

[...]
Solo per qualche istante, una porta nascosta si era socchiusa per lasciar uscire la voce della sua anima. Era chiaro che non stava recitando. Non ne sarebbe stato capace, non era tanto bravo. Kafuku lo guardò in silenzio negli occhi. Lui questa volta non distolse lo sguardo. Si scrutarono a lungo. E negli occhi l’uno dell’altro videro una luce. Una luce come lo sfavillio di una stella distante.


Murakami Haruchi Uomini senza donne

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