sabato 28 maggio 2016

la notte talismanica

René Char


E’ il poco, ch’è realmente tutto. Il poco occupa un posto immenso.

LA NOTTE TALISMANICA
 
Scuri chiusi spaccàti
Lentezza che indugia, sparsa lentezza,
Lentezza che s’ostina, tiepida contro me.
Esseri a noi cari, vi amiamo nel meglio e nell’ingiusto ch’è in voi,
azzardatamente, come sfiancate farfalle.
L’usignolo la notte canta alle volte come un tagliagole.
Il mio dolore vi si riconosce.
Anche sotto una pioggia incontrollabile, l’usignolo canta.
E non callìgrafa quell’arrogante storia di usignoli.
Più quello che ci sfugge sembra fuori portata, più ci lasciamo
persuadere del suo senso appagante.
E quando finiamo di scalare noi stessi, il nostro passato è questa cosa
immonda o cristallina che non c’è mai stata.
I cani rodono gli angoli. Anche noi.
Non si può ritirarci dalla vita degli altri e lasciarvi il nostro sé.
Gli alberi non s’interrogano tra loro ma, troppo vicini, fanno segno di
evitarsi. Dal querceto si lèva tre volte il richiamo del cucù, l’uccello che
non s’ingruppa. Tale il canto votivo di meteora.
E’ il poco, ch’è realmente tutto. Il poco occupa un posto immenso.
Accetta noi indisponibili.
Noi conteniamo qualcosa d’insetto dentro le particelle più dure di noi
stessi! Supplendo chi riesce laddove noi falliamo.
Io ero una tenera incudine che non cercava di esser utile.
Sugli esseri d’altrove pesa ogni sospetto. Le loro azioni non paiono
conseguenti ai muri del quaggiù quotidiano.
Che cosa rifrange da noi? Le ali che non abbiamo.
Trattenendo la saliva, ed intagliando un piffero nel freddo gambo
di rosa, diventeremo duna all’ascolto del mare.

René Char

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