Domenico Starnone
Mariella
A quattordici anni non sono andata a scuola e mi sono incontrata a via Caracciolo con uno che mi piaceva e che aveva due anni piú di me. In quel periodo leggevo «Confidenze», mi volevo a tutti i costi innamorare, desideravo un fidanzato soprattutto per scappare con lui da Napoli e non tornarci piú. Il ragazzo era alto per la sua età, magrissimo, quando lo vedevo da lontano speravo che mi sposasse subito. Siamo andati a passeggio, mi ricordo, a un passo dagli scogli e dal mare, in una giornata di sole. Poi ci siamo fermati nella Villa Comunale, dietro l’Acquario. A un certo punto lui s’è fatto coraggio, m’ha messo un braccio intorno alle spalle, s’è chinato un po’ e m’ha baciata cercando di mettermi la punta della lingua in bocca. Solo questo, eh, nient’altro, ma è bastato a farmi scappare, non l’ho visto piú.
L’anno dopo, a quindici anni, mi sono infilata in un cinema, di mattina – facevo spesso filone a scuola, ci andavo poco –, con uno con cui mi ero messa da qualche settimana. Mi baciava, mi ribaciava. Il bacio ormai l’avevo accettato ma la lingua nella sua bocca non la mettevo mai, mi limitavo a ritrarre la mia per fargli posto. Quanto a lui, non si impegnava molto: mi premeva forte le labbra – dopo, la bocca mi ha fatto male per giorni – e mi toccava la punta della lingua appena appena, tlic tlic. Ma mentre mi baciava, mi tirava giú il braccio dal bracciolo, dal suo lato, in modo che gli finissi sulla pancia. Capito? Però cosí stavo scomoda, rimettevo il braccio a posto. Niente, lui tornava a spostarmelo. Una, due, tre, quattro, cinque volte. Allora gli ho sussurrato: si può sapere che vuoi, spiegati, e il ragazzo s’è confuso, è rimasto zitto. Difficoltà di comunicazione. O meglio: lo sapevo cosa voleva ma non mi andava di capire.
Tre settimane prima che ci mettessimo insieme, a una festa avevamo ballato stretti. A un certo punto avevo sentito che gli si induriva il coso e l’avevo lasciato in mezzo alla stanza di colpo, me n’ero andata sul balcone pensando: come si permette, come può fare una cosa simile a me. Eppure ero una ragazzina vivace, mi atteggiavo molto a donna navigata. Il mio modello era Mina, hai presente, volevo essere moderna, mi pettinavo come lei, cantavo Nessuno, ti giuro, nessuno e Una zebra a pois, mi mettevo le calze di nylon con la riga dietro.
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Domenico Starnone
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