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La strada saliva e scendeva: “in salita e in discesa a seconda se si va o se si viene. Per chi va, sale; per chi viene, scende.”
“Come ha detto che si chiama quel paese che si vede laggiù?”
“Comala, signore.”
“Come, siamo già a Comala?”
“Sicuro, signore.”
“E perché tutto appare così triste?”
“Sono i tempi, signore.”
Mi sembrava di vedere quelle cose attraverso i ricordi di mia madre: la sua nostalgia, fra ritagli di sospiri. In tutta la sua vita non aveva fatto altro che sospirare per Comala, per ritornarvi; ma non c’era mai tornata. Ora sono qui io al suo posto. Vedo tutto con gli occhi con cui lei guardò queste cose, perché mi ha dato i suoi occhi per vederle: “Là, dopo il porto di Los Colimotes, c’è il panorama bellissimo di una verde pianura, qua e là giallastra per il granoturco maturo. Di là si vede Comala che tinteggia di bianco la campagna e di notte la illumina.” E la sua voce era sommessa, quasi spenta, come se parlasse tra sé… Mia madre.
“E perché va a Comala, se è lecito?” sentii chiedermi.
“Vado a trovare mio padre,” risposi.
“Ah!” fu il commento.
E tornò il silenzio.
Juan Rulfo
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