venerdì 1 maggio 2015

lo stato d'animo della melanconia



L’ambivalenza, al contrario, è il dato di partenza biologico che caratterizza la struttura del nostro comportamento. Lo stato d’animo della melanconia ne costituisce la più vivida incarnazione emotiva, nel bene e nel male. Da un lato ha un volto rassicurante: sfrutta le potenzialità tipiche dell’incertezza liberando le risorse immaginative della nostra vita linguistica. Dall’altro, però, può assumere connotati terribilmente foschi: se protratto, questo stato di sospensione rischia di smembrare il linguaggio e la prassi umana fino alla sua completa paralisi (come negli stati depressivi) o alla sua caotica disarticolazione (ad esempio nella compulsione maniacale).
Recensione di "Contraddizione e melanconia Saggio sull'ambivalenza"

Causa, e insieme rimedio, della nostra instabilità pulsionale, l'ambivalenza è, ad un tempo, attraente e terribile, «un bene possibile» e un «male necessario». Proprio in quanto ci colloca nello spazio della possibilità, essa è sia ciò che fonda la nostra capacità di scegliere, di dire no allo stimolo e trovare nuove alternative, sia ciò che ci espone in modo ineluttabile all'errore e all'incertezza.
[...]
Dire che il linguaggio è prima di tutto relazione significa che esso è originariamente aperto a ciò che linguistico non è, o, meglio, che la stessa facoltà del linguaggio consiste nell'intrinseca relazione tra linguistico e non linguistico. Su questa originaria duplicità, su questo incastro tutto umano tra logico e biologico, si fonda la nostra costitutiva ambivalenza. Un'ambivalenza che, come fa dire Sofocle al coro dell'Antigone, è proprio ciò che rende l'uomo, tra tutti i fenomeni della natura, il più deinòs, una parola con la quale i greci indicavano, insieme, il terrificante e il meraviglioso.
Francesca Piazza «Il Manifesto» 14-04-2009
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