la nostalgia ha come oggetto non ciò che si è perduto ma ciò che non è stato e che poteva essere
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parlare del passato significa sempre riattualizzare partite mai chiuse. A me capita ancora adesso (ogni tanto mi ci sorprendo e inorridisco di me medesimo) di trovarmi a rivolgere in mente conversazioni avvenute ventott’anni fa rammaricandomi per non aver detto la tal cosa o perso la tale occasione, come si trattasse di un episodio di poche ore prima. E tuttavia anche vedendo la cosa dal di fuori, anche rendendomi conto della mostruosità, io ancora sento come possibile (anzi come necessaria) quella continuazione-integrazione-correzione.
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Si vive dunque come postumi, in un limbo che non è anteriore ma appunto posteriore, senza però che da questo derivi una resa, e con la resa una qualche forma di pace. Al contrario, come credo sia evidente in Rondini sul filo, ci si vota a uno stato di permanente agonismo, nella speranza folle che alla millesima ripetizione di qualcosa che ci dicono morta ci sia un’eccezione, uno scarto, un imprevisto che retroattivamente modifichi tutto il nostro destino: giacché al vero agonista non interessano vittorie future che non riscattino sconfitte passate.
Michele Mari
Nostalgia ovvero l'invenzione del passato
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