«Quanto ci cambia una reazione avversa, – pensai, o penso di aver pensato anche se non con queste parole esatte, ricordando quel momento da un’altra età. – Quanto ci abbatte un rifiuto, e quanto potere accumula colui al quale lo concediamo, in realtà nessuno può prendersi una simile libertà se non siamo noi a dargliela o a conferirgliela, se non siamo disposti a adorare o a temere, se non aspiriamo a essere amati o a ricevere una costante approvazione, ogni aspirazione di questo tipo è un tratto di vanità ed è la vanità a indebolirci e renderci inermi: allorché non si vede confermata o soddisfatta dà inizio alla nostra distruzione e vi si applica giorno dopo giorno e ora dopo ora, ed è cosí naturale che ciò accada, che l’insoddisfazione predomini e regni sin dal principio, o dai nostri primi passi, o prima o poi nel corso della vita…
Perché mai dovrebbe amarci colui che noi stessi indichiamo con dito tremante? Perché proprio lui, come se fosse tenuto a obbedirci? O perché dovrebbe desiderarci colui che ci turba o ci accende e per le cui ossa e carni ci sentiamo morire? A quale scopo una simile coincidenza?
E quando ciò avviene, a che serve che duri cosí a lungo? Perché persevera qualcosa di tanto fragile, quasi tenuto su con gli spilli, il piú strano dei sodalizi? L’amore corrisposto, la lascivia reciproca, l’ardore vicendevole, gli occhi e le bocche che si cercano nel medesimo istante e i colli che si allungano per scorgere l’eletto tra la folla, i sessi che aspirano a congiungersi piú e piú volte e quello strano gusto per la ripetizione, tornare allo stesso corpo e tornarci e ritornarci…
È normale che quasi nessuno incontri la persona giusta, e se esistono cosí tante coppie che si suppone si amino, in parte è per imitazione ma soprattutto per convenzione, oppure perché quello che dei due ha scelto ha imposto la sua volontà, ha persuaso, ha indotto, ha spinto, ha costretto l’altro a fare ciò che l’altro non era sicuro di voler fare e a percorrere un cammino lungo il quale mai si sarebbe avventurato senza essere sospinto, scortato, guidato; mentre il lusingato, il corteggiato, colui che si è addentrato nella sua nube, si è lasciato a poco a poco trascinare.
Ma non si vede perché una cosa simile debba durare, l’incantamento e la nebulosità finiscono, il sedotto si stanca o si sveglia, e allora a colui che l’ha costretto non resta che disperarsi e rimanere sgomento e vivere nell’ansia, tornare a lavorare se ne ha ancora le forze, montare la guardia alla porta e pregare e implorare notte dopo notte e sentirsi alla mercé dell’amato.
Nulla ci espone o ci rende schiavi tanto come la pretesa di tenere legato a noi colui che abbiamo scelto e inverosimilmente si è presentato all’appello del nostro tremulo dito, come se avessimo diritto a un miracolo o come se la nostra designazione fosse legge; non c’è motivo perché ciò debba mai ripetersi…»
Javier Marias
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