Non ricordo di cos'altro parlammo, ma in certi momenti mi sentii felice e rasserenato, quasi mi fossi liberato di un peso illusorio e opprimente....
Pagai e uscimmo.
Fuori continuava a piovere, ma sull'orizzonte frastagliato della strada il sole aveva aperto uno spiraglio di cielo luminoso e terso, che lasciava presagire un pomeriggio asciutto.
Claudia aprì l'ombrello e io alzai il bavero del giubbotto.
Sentii freddo.
«Sei venuto in macchina?» chiese Claudia.
«No.»
«Vuoi un passaggio da qualche parte?»
«Non ce n'è bisogno» dissi. «Prendo un taxi.»
Claudia insistette a voler aspettare finché non comparve un taxi. Aspettammo in silenzio, sicuri di non avere nient'altro da dirci, riconciliati con la tristezza quasi gradevole della pioggia che cadeva sull'asfalto, fine, leggera e verticale, e ricordo che mentre ci riparavamo da quella pioggia da adolescenti - perché agli adolescenti piace soffrire - mi tornò in mente e canticchiai Stairway to Heaven, la vecchia canzone dei Led Zeppelin che dopo tanto tempo senza sentirla avevo ricordato e canticchiato qualche settimana addietro, facendo la doccia a casa di Claudia, felice e con ancora l'odore di lei addosso, la vecchia e bellissima canzone dell'adolescenza che mi piaceva tanto all'epoca in cui ero innamorato di Claudia
«Bene» disse Claudia. «Arrivederci, Tomás.»
«Sì» dissi, «arrivederci.»
Si avvicinò, mi prese sotto l'ombrello, mi fissò, seria e diafana, e mi baciò dolcemente sulle labbra. Mi staccai da lei senza guardarla, aprii lo sportello del taxi e, prima di entrare, mi voltai. Claudia era sempre sotto l'ombrello, quasi aspettasse qualcosa; la figura da eterna ragazza era offuscata dallo sgualcito impermeabile verde militare; mi parve che un vago sorriso si disegnasse sulle sue labbra. Allora provai una sorta di nostalgia anticipata, come se, anziché vedere Claudia, la stessi già ricordando.
Perché sapevo che non l'avrei più rivista. E che l'avrei ricordata così per sempre.
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