Non abbiamo tempo. Questa è la percezione più corrente. Siamo in affanno e, apparentemente, in ritardo quasi sempre, sottoposti a "una dittatura del tempo reale" da cui sembrano dipendere destini personali, fortune aziendali e la stessa tenuta delle istituzioni.
È il contagio della velocità, che accelera i tempi di risposta e sottrae sempre più spazio alle occupazioni più tradizionali: il riposo, la conversazione, l'attenzione per gli altri, la stessa capacità di pensiero "pensante". Quel pensiero critico e riflessivo che "consuma tempo", diventato rapidamente obsoleto, se non altro perché poco efficiente e, dunque, troppo costoso.
(P.L. Celli, Generazione tradita)
[...] questo folle desiderio, questo utopico, millenaristico bisogno che torni il Tempo Normale, il tempo libero, il tempo in abbondanza. Un tempo non solo per lavorare e riflettere e fare l'amore con calma, ma anche per tutto il resto, cose grandi e piccole. Tempo per studiare il tedesco. Tempo per stampare le foto digitali e riorganizzare gli album. Tempo da dedicare ai miei figli più piccoli nella stessa misura in cui sento di averlo dedicato ai fratelli maggiori (benché all'epoca avessi la stessa impressione che il tempo non bastasse mai). Tempo per pranzare regolarmente con mia madre. Tempo per tornare a immergermi anima e corpo in una stagione di baseball, perdendomi a controllare i punteggi sul giornale la mattina, seguendo una partita insignificante tra squadre di cui non mi importa nulla, giusto per amore del gioco. Tempo per scrivere quei racconti che una volta lanciavo in cielo come frisbee [...]. Tempo da trascorrere e basta, con cui trastullarmi, da cullare e dilatare e spendere con i miei figli e con mia moglie.
E invece tutto è soltanto [...] una catena ininterrotta, nella quale spesso le cose succedono contemporaneamente, sovrapponendosi [...], con conflitti e cancellazioni, due cose fatte male e a metà, quando avresti potuto farne una sola e con stile. Senza mai, per usare le parole del poeta irlandese Tom Paulin, un
"lungo momento di quiete
prima che la storia accada".
M. Chabon, "Tempo Normale" in Uomini si diventa)