Il linguaggio della poesia
La poesia non è il linguaggio delle istituzioni, del potere, della legge, è il linguaggio dell'invenzione, della fantasia, dell'affetto, è la lingua dell'immaginazione. E, dunque, il poeta è colui che parla la "lingua della madre".
Un poeta che è separato dalla sua terra è separato anche dalla sua lingua e tuttavia deve, comunque, parlare quella lingua. Ecco perché il poeta è sempre in una posizione, per così dire, nostalgica, perché usa una lingua, che è la lingua materna, dalla quale è separato, in quanto separato dalla madre, ma è separato anche da quel linguaggio dell'infanzia, che era, un tempo, la lingua propria della sua formazione di individuo.
E, dunque, questa separazione dalla terra è anche una separazione dal corpo della madre, da tutto quello che può significare il corpo della madre come linguaggio simbolico, come l'invenzione, come affettività, ponendo i termini appena analizzati nella stretta relazione "corpo della madre/corpo della terra/corpo della lingua". Sussiste una equivalenza, quindi, per il poeta, tra la madre, la terra e la lingua. E' un po' come se fossero la stessa cosa.
Un poeta si forma, cresce, dà sostanza, forza, energia al proprio linguaggio se, e solo se, tiene presenti questi tre elementi. Ma questi tre elementi sono elementi che non si possono ricreare se non attraverso il ritmo, attraverso cioè la finzione di un nuovo tempo, che è il tempo della poesia, il tempo del linguaggio, che non è il "vero" tempo vissuto nell'infanzia. E dunque la poesia vive sempre in rapporto con un altro tempo.
***
Certamente il cibo può richiamare sapori già avvertiti in un tempo lontano e si pensa che, ritrovando quel cibo e avvertendo quel sapore, quel tempo lontano possa ricomporsi, come per incanto, tutto in un insieme, in un sistema di immagini, che è quello che abbiamo vissuto nel passato.
Però questo sistema di immagini, già vissute nel passato, quando assaggiavamo quel sapore, questo sistema si può ricomporre, ma si ricompone solo se siamo in grado di dare una struttura adeguata al nostro linguaggio. In Proust la Madeleine, un biscotto da inzuppare nel tè, porta in causa una forte carica di immaginazione sensoriale. Ma questo avviene perché lo scrittore, attraverso questo passaggio, questo sapore, questo momento, questa percezione riesce ad evocare nella sua scrittura, nel linguaggio un ricordo trasformando questa scrittura in recherche, ossia in ricerca. Solo se si verifica questo passaggio il cibo o qualsiasi altro oggetto possono rianimarsi. Altrimenti gli oggetti restano cose inerti, capaci di rianimarsi solo attraverso la nostra lingua.
Antonio Prete - la nostalgia
La poesia non è il linguaggio delle istituzioni, del potere, della legge, è il linguaggio dell'invenzione, della fantasia, dell'affetto, è la lingua dell'immaginazione. E, dunque, il poeta è colui che parla la "lingua della madre".
Un poeta che è separato dalla sua terra è separato anche dalla sua lingua e tuttavia deve, comunque, parlare quella lingua. Ecco perché il poeta è sempre in una posizione, per così dire, nostalgica, perché usa una lingua, che è la lingua materna, dalla quale è separato, in quanto separato dalla madre, ma è separato anche da quel linguaggio dell'infanzia, che era, un tempo, la lingua propria della sua formazione di individuo.
E, dunque, questa separazione dalla terra è anche una separazione dal corpo della madre, da tutto quello che può significare il corpo della madre come linguaggio simbolico, come l'invenzione, come affettività, ponendo i termini appena analizzati nella stretta relazione "corpo della madre/corpo della terra/corpo della lingua". Sussiste una equivalenza, quindi, per il poeta, tra la madre, la terra e la lingua. E' un po' come se fossero la stessa cosa.
Un poeta si forma, cresce, dà sostanza, forza, energia al proprio linguaggio se, e solo se, tiene presenti questi tre elementi. Ma questi tre elementi sono elementi che non si possono ricreare se non attraverso il ritmo, attraverso cioè la finzione di un nuovo tempo, che è il tempo della poesia, il tempo del linguaggio, che non è il "vero" tempo vissuto nell'infanzia. E dunque la poesia vive sempre in rapporto con un altro tempo.
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Certamente il cibo può richiamare sapori già avvertiti in un tempo lontano e si pensa che, ritrovando quel cibo e avvertendo quel sapore, quel tempo lontano possa ricomporsi, come per incanto, tutto in un insieme, in un sistema di immagini, che è quello che abbiamo vissuto nel passato.
Però questo sistema di immagini, già vissute nel passato, quando assaggiavamo quel sapore, questo sistema si può ricomporre, ma si ricompone solo se siamo in grado di dare una struttura adeguata al nostro linguaggio. In Proust la Madeleine, un biscotto da inzuppare nel tè, porta in causa una forte carica di immaginazione sensoriale. Ma questo avviene perché lo scrittore, attraverso questo passaggio, questo sapore, questo momento, questa percezione riesce ad evocare nella sua scrittura, nel linguaggio un ricordo trasformando questa scrittura in recherche, ossia in ricerca. Solo se si verifica questo passaggio il cibo o qualsiasi altro oggetto possono rianimarsi. Altrimenti gli oggetti restano cose inerti, capaci di rianimarsi solo attraverso la nostra lingua.
Antonio Prete - la nostalgia