martedì 15 dicembre 2015

Non si può essere fedeli nel raccontare la fine di una storia


Non si può essere fedeli nel raccontare la fine di una storia. Anche se sembra un controsenso (ma è solo una delle tante ipocrisie necessarie che ci toccano), quando viene il momento di dare la notizia siamo portati a non dir male della persona che abbiamo (o ci ha) lasciato. Anche se ci ha ferito piú di chiunque altro, e non riusciremmo a perdonarla nemmeno se volessimo. Dobbiamo fare informazione, e temiamo l’apprezzamento del pubblico. Abbiamo paura che non capisca, che giudichi dal titolo, senza leggere; e in questo modo faccia scempio di tutto quello che c’era dietro e prima, tutto quello che per noi ha avuto senso e valore ed era nostro.
 
Allora studiamo una versione ufficiale della fine, che esponiamo sereni, pazientemente disposti a spiegare, come se il nostro atteggiamento benevolo verso le ragioni dell’altro, cosí diverse dalle nostre, facesse passare l’idea che non abbiamo fallito del tutto.
 
Non è il semplice orgoglio che ci spinge a impegnarci in questa finzione (a volte costruita fin nei minimi dettagli, con pause, sospensioni e calcolate incertezze che affiniamo di atto in atto): è l’unico modo, per quanto disperato e falso, che ci resta per non tradire qualcosa che abbiamo amato.

Diego De Silva Mancarsi


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