Gli scritti profondi e irreali, a tratti pieni di affettuosità adolescenziale e grandi slanci, con cui Pessoa conversa con Ophélia Queiroz, l’unica “fidanzata” avuta dal poeta portoghese. Quando la relazione sembra avviata verso il fidanzamento ufficiale, tra alti e bassi, termina bruscamente con il decisivo intervento di Alvaro de Campos che scrive varie lettere alla ragazza in cui parla malissimo del suo amato.
Il 29 novembre 1920, con una lettera, mette fine alla loro storia:
la lettera finisce con una poesia:
Tutte le lettere d’amore
Tutte le lettere d’amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d’amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).
Fernando Pessoa
Il 29 novembre 1920, con una lettera, mette fine alla loro storia:
lettera di addio di Fernando Pessoa a Ophélia Queiroz
“Il Tempo, che invecchia i volti e i capelli, invecchia anche, ma ancora più rapidamente, gli affetti violenti. La maggior parte della gente, per la sua stupidità, riesce a non accorgersene, e crede di continuare ad amare perché ha contratto abitudine a sentire se stessa che ama. Se non fosse così, non vi sarebbe al mondo gente felice. Le creature superiori, tuttavia, sono private della possibilità di codesta illusione, perché non possono credere che l’amore sia duraturo, né, quando sentono che esso è finito, si sbagliano interpretando come amore la stima, o la gratitudine, che esso ha lasciato.[…]
Queste cose fanno soffrire, ma poi il dolore passa. Se la stessa vita, che è tutto, passa, perché non dovrebbero passare l’amore, il dolore e tutte le cose che sono solo parti della vita?”.
Fernando Pessoa - 29 novembre 1920
“Il Tempo, che invecchia i volti e i capelli, invecchia anche, ma ancora più rapidamente, gli affetti violenti. La maggior parte della gente, per la sua stupidità, riesce a non accorgersene, e crede di continuare ad amare perché ha contratto abitudine a sentire se stessa che ama. Se non fosse così, non vi sarebbe al mondo gente felice. Le creature superiori, tuttavia, sono private della possibilità di codesta illusione, perché non possono credere che l’amore sia duraturo, né, quando sentono che esso è finito, si sbagliano interpretando come amore la stima, o la gratitudine, che esso ha lasciato.[…]
Queste cose fanno soffrire, ma poi il dolore passa. Se la stessa vita, che è tutto, passa, perché non dovrebbero passare l’amore, il dolore e tutte le cose che sono solo parti della vita?”.
Fernando Pessoa - 29 novembre 1920
la lettera finisce con una poesia:
Tutte le lettere d’amore
Tutte le lettere d’amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d’amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).
Fernando Pessoa
Tratto da "l'indifferenziato"