Comunque li si guardi, i segni resteranno una y. Non ci dicono nulla sulla biforcazione da prendere, ma allora che potevo saperne?
Da un certo momento in poi, quando questo mi è apparso con chiarezza, ho cominciato a vedere i miei simili come in un’allucinazione, avvolti dal filo spinato della loro esistenza, dalle tante y che ne disegnano il destino. Indossano quel filo come fosse un vestito e fanno bene. È ciò che sono diventate, gli calza a pennello perché fatto su misura per loro, proprio come la grisaglia che conservo con cura da trent’anni. Alcuni se lo sono in parte scelto, il vestito; partecipando alla sua confezione. Altri invece, e sono la maggioranza, non hanno potuto metterci becco, un giorno se lo sono trovato addosso bell’e fatto, si sono guardati allo specchio e non gli è restato che dire, Toh, la mia vita. Tutto ciò è però secondario, almeno per me, perché a impedirmi di staccare gli occhi da quei vestiti non è quanto possano apparire belli o infelici, ma il fatto che la stoffa sia sempre la stessa, sempre tessuta con lo stesso filo. E cos’è che piú conta in un filo spinato: che è un filo o che è spinato?
Non mi stancherò di ripeterlo, odiati muri, il guaio dei segni è che possono essere tutto e niente. Li vediamo per come vorremmo che fossero. Ma nulla è mai come vorremmo, nemmeno un volto che ci sembra di riconoscere.
Tommaso Pincio
Il tempo non è che l'eterno perpetuarsi di un bivio
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